La storia

La storia del museo

Il Museo occupa una superficie di oltre 600 metri quadrati, distribuito in tre piani ed un seminterrato.

Ha sede presso un’antica abitazione, nel centro storico di Arbus, sita in via Giardini 1.

I lavori di ristrutturazione dell’intera costruzione sono durati, con alcune pause, oltre quindici anni.

La struttura odierna comprendeva in origine due unità abitative:

una prima casa, risalente ai primi anni dell’800, è stata acquistata da Antonio Corda nel 1998 dagli eredi del Dott. Mariano Floris che a loro volta la acquistarono dagli eredi della famiglia del Maresciallo Francesco Lampis di Arbus. Adattata alla fine del 1999 per la realizzazione del piano terra dell’attuale Museo, oggi comprende tutta la parte che, entrando dal portone principale, si estende sul lato destro della struttura, insieme ad una porzione che si sviluppa sul lato sinistro (zona bar e soppalco).


Una seconda abitazione, confinante con la prima e risalente alla medesima epoca della precedente, era originariamente di proprietà dello stesso Lampis, ma poi venduta dagli eredi di questo ai coniugi Caddeo. Comprata da Antonio Corda nel 2008, su questa nuova unità sono stati realizzati diversi interventi, anche radicali, mantenendo comunque invariate le volumetrie.

Attualmente questa zona comprende la sala riunioni e una parte della zona del bar (al piano terra, lato sinistro dall’ingresso del portone principale) ed un deposito (al primo piano), gli spazi espositivi polifunzionali, la biblioteca e una sala conferenze (al secondo piano, realizzati ex novo demolendo la vecchia struttura).

I due immobili sono oggi uniti tra loro da una passerella esterna realizzata al secondo piano, e da un cortile interno al piano terra che costituisce la corte dell’intera struttura museale, con ambienti intercomunicanti tra loro.


Negli anni ’50 del secolo scorso la struttura fu affittata a più famiglie; l’ingresso principale era quello di via Giardini 1, con gli accessi alle varie abitazioni che avvenivano dal cortile interno comune, come risulta anche dai numeri civici interni che Antonio Corda ha trovato affissi ai muri (rimossi durante i lavori, sono stati poi riposizionati per mantenere una documentazione storica del complesso).

La prima abitazione dell’800 conserva ancora, al piano terra, le originali forreddas, gli antichi fuochi per cucinare, un forno per cuocere il pane, due caminetti, un piccolo spazio (con nicchia e una sorta di lavandino) per conservare le brocche d’acqua e per l’igiene personale, le porte di legno e i pavimenti realizzati con le cementine.

All’interno delle due case non è stato trovato alcun oggetto particolare, tranne una vecchia mola asinaria rinvenuta spezzata (nella prima abitazione), che Antonio Corda ha in parte ricomposto e che si trova ancora nel cortile del museo.